Mi sento un fallito: cosa fare quando sentirsi falliti è la quotidianità?
Come fare per non sentirsi un fallito nel lavoro e nella vita
“Mi sento un fallito”. Una frase che il più delle volte risuona come una disperata richiesta d’aiuto.
Gomiti sulle ginocchia, busto in avanti e mani a coprire le tempie. Un senso d’ansia che pervade ogni cosa. Guardi tutto ciò che gira attorno alla tua vita e fai continuamente dei paragoni con colleghi, amici e parenti. “Sono un fallito”. È l’unica cosa che riesci a pensare.
E in effetti, ciò che mi sento di dirti è che sicuramente ci sei dentro con tutte le scarpe.
C’è però bisogno di chiarire un concetto importante: esiste una certa differenza tra fallire e sentirsi un fallito.
Sentirsi un fallito: cosa significa “fallire”?
“Fallire” può vuol dire non riuscire, vivere un insuccesso, ricevere un esito negativo, sbagliare… Nulla di positivo dunque. E invece non è così. Sì, perché a ben pensarci il fallimento è un elemento indispensabile della vita di tutti noi.
“Sbagliando si impara” continuavamo a ripeterci sui banchi di scuola. E, in fondo, il fallimento rappresenta una componente imprescindibile della natura, dell’evoluzione, della crescita e del miglioramento.
È solo grazie a un errore che riusciamo a capire come correggere il tiro di ciò che facciamo e di ciò che vogliamo. È grazie agli insuccessi che apprendiamo e perfezioniamo i nostri schemi di comportamento. Se non sbagliassimo, se non commettessimo errori, se non fallissimo non potremmo imparare e, di conseguenza, non potremmo andare avanti nella vita di tutti i giorni.
Se provassimo a cambiare termine? Se al posto di fallimento utilizzassimo insuccesso, cioè qualcosa che non è successo, che non è avvenuto, che non è capitato come avremmo sperato?
Cambio di prospettiva: se hai sbagliato, se hai commesso un errore basterà che tu te ne renda conto, che tu lo ammetta e che successivamente ti prodighi per correggere e migliorare la cosa…
Il modo con cui reagiamo ai nostri fallimenti, o ai nostri insuccessi, definisce chi veramente siamo e cosa ci caratterizza.
Basterebbe citare qualche nome celebre: J. K. Rowling, ad esempio, autrice della famosissima saga di Harry Potter, con un patrimonio stimato netto di un miliardo di dollari, ha sperimentato tanti fallimenti nella sua vita. Dopo la morte della madre a causa della sclerosi multipla, ha avuto una figlia da un matrimonio che si rivelò un insuccesso. Madre single e disoccupata, ha sopravvissuto solo grazie a sussidi sociali tanto da cadere in depressione. Sono stati tantissimi gli editori che hanno rifiutato più volte la sua idea prima di trovare la chance che le ha cambiato la vita per sempre. Oggi è una delle autrici più famose del mondo.
E la Rowling è solo un membro del club degli ex falliti: Sylvester Stallone, Steve Jobs, Albert Einstein, Abramo Lincoln, Thomas Edison e Henry Ford, tra i nomi più noti.
Semplicemente non si sono arresi e hanno continuato a provare. Ancora e ancora.
Ma si sono sentiti dei falliti? Probabilmente no. Vediamo perché.
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Sentirsi un fallito: occhio a cosa può succedere
La ferma convinzione di sentirsi inadeguati in quasi tutti gli ambiti della nostra vita rappresenta un importante campanello d’allarme per quello che chiamo Schema del Fallimento: sensazione di inferiorità, di mancanza di intelligenza, di talento, di abilità, di vitalità.
Le cause possono essere diverse, spesso riconducibili all’infanzia.
Genitori esigenti, familiari o insegnanti molto critici, attesa di prestazioni superiori alla norma. Nessuno che insegna e tutti che criticano. Un modello di competizione costante volto a punire chi sbaglia, senza però spiegare l’errore e come correggerlo.
Che succede quindi quando ti senti un fallito? Semplice: che ti senti un fallito e lo diventi, dando vita a un pericoloso meccanismo di auto-sabotaggio.
Ti spiego meglio: pensi di non poter raggiungere un risultato, già lo sai in cuor tuo, e di conseguenza non ti impegni in quello che dovresti fare, ti limiti a fare il minimo indispensabile perché percepisci già come andrà a finire. Con l’insuccesso (o fallimento) dovuto al tuo comportamento passivo arriverà invece la convinzione di essere poco capace.
La colpa sarà attribuibile ad altri, a cause esterne e di volta in volta sempre diverse.
Ed è come essere intrappolati nelle sabbie mobili della mediocrità. Poco impegno, scarso successo, fallimento, inadeguatezza. È questo il loop che stai sperimentando.
Come non sentirsi falliti ogni giorno!
Il primo passo per combattere questo stato è quello di acquisire consapevolezza della cosa.
L’accettazione è fondamentale: essere in grado di valutare la situazione provando a estraniarsi da sé e guardarsi dall’esterno. In questo, porsi le giuste domande rappresenta un ottimo punto di partenza. Come ho provato a spiegarti prima, ci possono essere delle cause oggettive che hanno contribuito a impantanarti e c’è bisogno di indagare.
“Sono sempre stato un fallito?”, “Gli altri mi considerano un fallito?”, “Dipende tutto da me o la colpa è di qualcun altro?” sono alcune domande da porsi.
Se non riesci a districare questa matassa, allora è bene rivolgersi a un professionista.
Un life coach professionista o uno psicoterapeuta possono aiutarti a fare chiarezza e accompagnarti, magari con delle brevi sedute o affrontando un percorso, a porti le giuste domande coadiuvandoti nelle risposte.
Quali sono i consigli generali che mi sento di darti per affrontare questa situazione?
Innanzitutto, valuterei in maniera certosina ciò di cui sei capace: un elenco delle tue qualità e delle tue skill, le propensioni caratteriali e le caratteristiche esteriori che ti contraddistinguono. Questo delineerà il modo in cui sei ‘programmato’ a reagire e a fronteggiare le avversità che ti capitano ogni giorno. Comprendere la tua natura è un ottimo mondo per mettere un punto e da lì ripartire con un lavoro mirato.
Quale? Partiamo dal dire che attorno al concetto di fallimento c’è un giudizio e, in quanto tale, di natura soggettiva. È il modo di una persona o di un sistema di persone di considerare un qualcosa. Ma non è l’unico modo! Altrimenti, gli ex falliti di cui sopra non sarebbero così famosi.
Prima capiamo che si tratta di una visione soggettiva, prima reagiamo ad essa.
Ma se anche il fallimento sarà reale basterà riconoscere che è un evento naturale e che succede a tutti ogni giorno. Pensiamo alla teoria evolutiva di Darwin: parafrasando, continui cambiamenti avvengono con gradualità, mediante il sommarsi di piccole variazioni, successi o insuccessi, nel corso di lunghi periodi. Questo ti aiuterà a modificare la tua visione di sé e a potenziare le tue capacità.
Nella visione di sé è bene includere anche la consapevolezza di non essere gli unici. Sentirsi un fallito è una sensazione sperimentata da molti. Tanta gente assapora ogni giorno questa percezione.
E tu, se ascoltassi le loro esperienze, soggettivamente, cosa diresti? Daresti loro del ‘fallito’? Ognuno ha bisogno di trovare la propria svolta, una chiave di lettura da cui partire per decifrare questo dissidio interiore. In fondo, siamo noi i peggior critici di noi stessi. Giudici implacabili che emanano insindacabili verdetti. Lo faresti con gli altri? Gli altri lo fanno con te?
C’è da rifletterci bene a riguardo.
Se vogliamo cambiare la prospettiva con cui guardi il tuo fallimento, dobbiamo lavorare su te stesso (abbandonando il vittimismo) e sul rapporto che hai con il mondo esterno.
Quest’ultimo va analizzato con un certo distacco.
Da più parti ormai, il modello di sviluppo con cui siamo costantemente bombardati da televisione e social ci propina esclusivamente modelli di successo apparente, sottolineando che chi ha successo è degno di apparire, altrimenti non c’è necessità di menzione alcuna. Ma è davvero così?
Se il fallimento è inevitabile nella vita, tanto vale celebrarlo. Quando avviene l’insuccesso, basterà riconoscerlo, comprenderlo e ringraziare che sia avvenuto, perché è solo così che potremo correggere il tiro e, lavorando sodo, migliorare ancora di più per ottenere ciò che davvero vogliamo per noi stessi. E per nessun altro.
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